Non rubare


Tra i dieci comandamenti il settimo “Non rubare” è quello che si presta maggiormente alle più svariate interpretazioni soggettive, pur essendo assieme a “Non uccidere” un comandamento perentorio. Furto infatti può essere una tassa considerata ingiusta, possono essere le speculazioni finanziare, al contrario  l'esproprio proletario che è un furto vero e proprio può essere visto come un'occasione per fare giustizia. 
Nel piccolo borgo di Filetto, un avvocato un politico e un filosofo hanno cercato di dare una risposta e una loro interpretazione a questo precetto, instaurando un dialogo che ha toccato le tappe della storia del pensiero occidentale fin dalle sue origini, da quel mito di Prometeo che ruba il fuoco a Zeus per donarlo agli uomini, la metafora dell’affermazione da parte dell’uomo della propria  individualità e libertà rispetto agli dei. 
D'altronde tutti rubano.
Il bambino ruba la marmellata per affermare  la sua libertà e se il “non rubare” riferito alle cose materiali può apparire estraneo, il rubare in senso metaforica tocca la sfera privata di ognuno. Si può rubare un'idea, si può rubare un futuro, un sentimento, si può creare un'illusione e rubare una certezza. Ci si può inoltre domandare  quante volte è capitato di incontrare nella propria vita persone che ci hanno derubato della speranza, della storia e dei ricordi. Le nostre società non sono mai storicamente riuscite a delineare il perimetro della questione. La politica e le istituzioni soffrono questa mancanza e per secoli hanno cercato di creare norme che con l’obiettivo di regolare il furto ma rimane la sensazione che lo stato possieda il diritto di rubare alcune cose e dall'altra parte la consapevolezza da parte dii cittadini e della società di avere il diritto di appropriarsi di altre.
Possiamo chiederci allora se questi comandamenti in virtù della loro perentorietà sono una complicazione? Possiamo permettere il furto di alcune cose e vietare il furto di altre? Internet offre la possibilità di accedere ad informazioni altrimenti riservate, a beni come la musica, la cultura, i libri e il cinema: il suo utilizzo può essere dunque considerato un furto? Di certo oggi si avverte fortemente l’assenza di norme di legalità, e anzi da parte della politica spesso si avverte la  presunzione di non rubare. Si ruba impunemente, si ruba la giustizia, la libertà dei cittadini e lo si fa ormai  senza consapevolezza presumendo addirittura di non rubare. Il furto non c'è laddove si pensa che ci sia e a volte lo si nega dove invece esiste in modo macroscopico.
Il dialogo tra il politico, l’avvocato e il poeta non si conclude con una risposta ma semmai con altre domande e lascia gli ascoltatori con i loro dubbi, con i loro piccoli sensi di colpa nel ricordare di aver almeno una volta sottratto qualcosa senza averne avuto il diritto, ma anche l’orgoglio di aver commesso quello che ancora a distanza di anni sostengono non essere un furto.Forse una risposta ce la può dare  una citazione che accompagna un quadro di Pieter Bruegel “Il ladro di nidi” :
chi sa dove è il nido lo conosce, chi lo ruba lo possiede


RELATORI: 
  • Giacomo Bini
Nato a Montale (Pistoia), dove tutt’ora risiede, da 28 anni insegna filosofia e storia in diversi licei prima a Firenze e poi a Prato, oltre a collaborare, come giornalista pubblicista, con la cronaca di Pistoia della Nazione. Dopo gli studi universitari alla facoltà di filosofia dell’Università di Firenze è stato borsista all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli. Ha compiuto principalmente studi su problemi di etica analitica e di logica modale. Negli ultimi anni si è dedicato a studi di storia locale, in particolare sugli scrittori e uomini politici dell’ottocento Gherardo Nerucci e Atto Vannucci.

  • Giuseppe Michele Giacomini
Nato a Genova il 22/9/48, è laureato in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Genova. E’ iscritto all’Albo degli Avvocati della Circoscrizione del Tribunale di Genova dal 1975. E’ abilitato all’esercizio della professione davanti alle giurisdizioni superiori.
E’ specializzato in diritto penale con particolare riferimento alle aree legate all’impresa (fiscale, societario, doganale, ambientale, sicurezza del lavoro, responsabilità professionale medica, responsabilità delle persone giuridiche). I principali casi penali nei quali ha svolto attività difensive (non vengono specificati i nominativi dei clienti, salvo eccezione, per ragioni di privacy) hanno riguardato: la bancarotta dell’Ambrosiano ( difesa di Orazio Bagnasco);
complesse questioni ambientali per conto di importanti aziende italiane e straniere stabilite in Italia; la sicurezza sul lavoro; la responsabilità medica; le belle arti; la proprietà intellettuale; il settore doganale; i processi relativi al “G 8 di Genova” (difesa di funzionari di P.S.); i reati dei pubblici amministratori; i reati in materia di appalti pubblici e concessioni portuali (caso”Multipurpose Genova”). Ha anche trattato casi in materia di diritti umani originati da fattispecie di natura penale. E’ altresì specializzato in diritto comunitario e della concorrenza ed in tale ambito ha seguito numerose, importanti vertenze nanti la Corte di Giustizia e nanti la Commissione Europea (si veda la casistica comunitaria indicata nelle Aree di Attività – Settore del Diritto dell’Unione Europea e Concorrenza). Nel 1992 ha costituito lo studio associato denominato “Conte & Giacomini Avvocati”, estendendo l’attività professionale ai settori civile e commerciale. Ha effettuato numerosi e prolungati soggiorni di studio e lavoro in Francia, Inghilterra, Belgio, Svizzera, Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese.