Non desiderare la roba d'altri

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...... ma in fondo cosa non si desidera di più se non proprio la roba degli altri?
Il desiderio di impossessarsi di ciò che appartiene agli altri e il desiderio di emulazione fanno parte della natura umana, in un crescendo di bramosia e aspirazione che va di pari passo con l'affermarsi della società consumista.
A tal proposito, mi è piaciuto durante il dibattito di Terni ricordare la trama di "Miracolo a Milano", film di Vittorio De Sica in cui i poveri che abitano le baraccopoli nel dopoguerra nostrano, potendo vedersi esaurito un desiderio, non chiedono null'altro che il cappotto con il collo di pelliccia indossato dall' "altro" di cui parla il comandamento.

Questa é la prima riflessione che si impone nel contesto attuale di una società votata interamente al raggiungimento di determinati status, dove il desiderare misura quasi il ritmo dell'infelicità, il non appagarsi mai fino a tramutarsi in sentimento di avidità.
Eppure, fuoriuscendo da un'ottica unicamente demonizzante, il desiderare quello che l'altro giá ha ottenuto é stato in realtà il vero e proprio motore del progresso, la molla propositiva attraverso cui si é fatto l'Occidente.
Se non tutto é quindi negativo, due sono le complicazioni che potrebbero far degenerare il desiderare in avidità e bramosia: da un lato l'ostentazione, caratteristica evidente del nostro tempo, e dall'altro il non riuscire a sottrarsi a tentazioni costanti.  

Qual é la soluzione? La politica purtroppo finora ha fatto della pessima pedagogia rispetto a questo comandamento, non solo proponendo scene di privilegi reiterati ( e come si diceva prima, ostentati -si pensi alle sfilate di auto blu nel centro di Roma) ma anche gestendo situazioni che implicano il concetto di collettività nel senso opposto, ovvero quello di un esacerbamento proprio dei confini del "mio" e "tuo" ( si pensi a tutta la querelle, recente, sui beni comuni, come ci ricorda Marcello Bigerna).

Cristina Montesi, professoressa di Economia del polo ternano, a tal proposito sostiene  che il paradigma dell' Homo Economicus (agente individualista e in altri termini, il libero mercato) sia insufficiente a scongiurare la così detta "tragedia dei beni comuni", sovraconsumati e la cui fruizione ormai appare slegata da qualsiasi tipo di etica che tenga conto del principio della collettività (tenendo conto della varietà di etiche a cui quest'ultimo si rifá: da quella tra Paesi a quella intergenerazionale, addirittura a quella interspecie)
Solo riscoprendo il rapporto col prossimo, si può evitare che la tragedia di un consumo irrispettoso dei beni comuni possa portare al tramonto della nostra civiltà.

Anche beni astratti come il talento, possono - a detta di Roberto Fabbri, grandissimo musicista di fama mondiale che ha partecipato assieme alla sua chitarra al nostro dibattito - essere oggetto di un'enfasi esasperata posta sul desiderare di affermarsi, subito e senza sacrifici; la dimensione nobilissima dello spettacolo diviene allora mera industria del desiderio, teatro dell'invidia.

In sintesi, così come risultato dal dibattito, non é il desiderare in se e per sé ad essere esecrabile - anche Mons Colasanti ce lo ricorda spiegando il senso filologico del comandamento - quanto una serie di suoi corollari (la strategia per attuare un desiderio, la degenerazione in avidità, l'ostentare quanto si possiede) che arrivano ad oscurare il principio alla base di tale precetto, ovvero la condivisione.


RELATORI:
  • Roberto Fabbri
Nato a Roma nel 1964, concertista compositore, autore e didatta, ha studiato chitarra classica presso il Conservatorio di Musica "S. Cecilia" di Roma. Conta al suo attivo oltre 30 pubblicazioni per chitarra tradotte in cinque lingue, compreso il cinese, e distribuite internazionalmente. Tiene regolarmente concerti e masterclasses nei più importanti festival chitarristici e nelle prestigiose sale di tutto il mondo. Tra gli ultimi riconoscimenti ricevuti: il premio “Socio De Honor” del “Festival Internacional Andrés Segovia” di Madrid.
E’ docente di chitarra presso il Conservatorio “Ottorini Respighi” di Latina e l’Istituto AFAM “Giulio Briccialdi” di Terni.

  • Mons. Gianni Colasanti
Nato a Terni il 25 giugno 1940, ordinato il giugno 1963. Parroco in solidum di Santa Maria Assunta nella Cattedrale di Terni è attualmente Cappellano di Sua Santità e Vicario Episcopale dei Laici. Dirigente scolastico dell'Istituto Leonino e "Pia Fondazione Vincenzo Tizzani" ricopre altrsì l'incarico di Direttore dell'istituto Scienze religiose di Terni.
  • Prof.ssa Cristina Montesi 
è ricercatrice presso la cattedra di Politica economica della Facoltà di Economia di Perugia, professore affidatario di Economia industriale e di Economia dell’Ambiente presso la sede di Terni della medesima Facoltà e di Economia dello Sviluppo presso l’Università degli Stranieri di Perugia. Autrice di numerose pubblicazioni di carattere economico recentemente ha concentrato la propria attività di ricerca sull’economia del dono. 
  • On. Leoluca Orlando 
professore di ruolo di diritto pubblico regionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo, avvocato cassazionista. Da sempre impegnato nella lotta mafia è stato sindaco di Palermo contribuendo profondamente alla rinascita della città e ispirando la “primavera di Palermo”. Deputato e Portavoce nazionale dell’Italia dei Valori, ricopre la carica di vice presidente dell’ELDR (European Liberal Democrat and reform Party) Marcello Bigerna già consigliere economico della regione Umbria, attualmente ricopre l’incarico di assessore alle Politiche sociali della Provincia di Terni. Nel corso del suo mandato si è distinto per il particolare impegno profuso nel settore dei fondi comunitari. Fondatore del punto Europa di Terni ha ricevuto il premio LeaDER istituito dal gruppo ALDE, unico amministratore italiano, per il lavoro svolto nell'ambito del Turismo sociale.