Non nominare il nome di Dio invano

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Questo è un comandamento che si dovrebbe in realtà rovesciare: nella società attuale dovremmo ogni tanto avremmo bisogno di nominare Dio, per orientare l'azione della politica.

Quante volte poi per affrontare alcune sfide dovremmo introdurre anche una riflessione tra popoli che porti al centro del nostro vivere una dimensione del sacro, ricordando come diceva Pico della Mirandola nel 500 che l'unica pace duratura é la pace teologica, cioè la pace fondata sull'armonia e compromessi tra religioni. Dunque una pace che abbia il suo punto di riferimento nella trascendenza.

L'intervento dell'Assessore Manuela Marchetti, ci ricorda come questo comandamento possa essere interpretato nel senso di banalizzare la politica, evitare cioè che una così nobile dimensione, come quella dell'operare per il bene comune,  possa frantumarsi e ridursi in un'affannosa rincorsa del potere e di interessi personalistici. Il pontefice Sisto V, ci ricorda Manuela, sosteneva, infatti, che la politica é la piú alta delle forme di caritá.

Alla stessa stregua, il candidato sindaco per Porto San Giorgio, Daniele Strovegli ci ricorda l'importanza di non usare a sproposito le parole in politica, e che con  sobrietà non ha volutamente improvvisato le solite promesse improbabili da campagna elettorale; ci ha ricordato di l'importanza di improntare la politica fatta sul territorio, in prossimità del cittadino, alla credibilità e alla misuratezza degli interventi e dell'utilizzo del linguaggio.

Abbiamo concluso il dibattito con le splendide parole di Don Milani:

"Risolvere i problemi assieme é fare politica, risolvere i problemi da soli é avarizia"
"Amare i problemi dei poveri é fare politica".